La probabilità che un evento accada è un concetto matematico. Secondo un modello di consulenza assicurativa classica, dopo aver effettuato un’olistica analisi del rischio, il cliente dovrebbe scegliere informato per le conseguenze e la probabilità dell’avvenire di un evento. Il grande assunto che si nasconde dietro questo modello di relazione, è che il cliente sia “un animale razionale”. La persona, una volta informata dei rischi prioritari da cui proteggersi, sceglierebbe la soluzione che massimizza l’utilità. In termini meno formali, il cliente comprenderebbe il rischio e le sue conseguenze. Quindi acquisterebbe la soluzione assicurativa più adatta alla luce del suo budget. Il condizionale usato non è casuale. Venti anni di neuroscienze applicate al decision making hanno dimostrato che l’essere umano è un “animale profondamente irrazionale”. Non comprende il rischio dal punto di vista matematico e soprattutto le sue scelte non sono mosse dalla massimizzazione dell’utilità. Cito per semplicità solo 2 dinamiche che rendono l’essere umano poco propenso ad assicurarsi: l’ottimismo irrealistico e l’effetto gregge. Queste distorsioni psicologiche fanno ignorare al cliente il rischio “reale” e le sue conseguenze, malgrado l’attuazione di una corretta, rigorosa e precisa consulenza assicurativa basata sul “risk management”.
L’ottimismo irrealistico è la tendenza delle persone a sottostimare l’esistenza di alcuni rischi, ovvero a non considerare che a loro possa accadere un certo evento. Dietro alle frasi scherzose del cliente che dice “a me non capita”, non c’è solo superstizione, ma spesso una totale non comprensione della probabilità e delle conseguenze economiche di un certo accadimento distorte da questa dinamica che fa sentire le persone immuni al rischio.
L’effetto gregge è la tendenza degli esseri umani ad imitarsi nei contesti di incertezza. In Italia c’è una bassa cultura assicurativa, quindi le persone tendono ad imitarsi tra loro nel non assicurarsi. Ogni individuo non ragiona sui propri rischi ma copia nel comportamento ciò che familiari ed amici fanno. Imitando, si assicura poco e male.
Usare argomenti razionali si rileva poco efficace. Studi di neuroimaging hanno dimostrato che l’acquisto assicurativo non è guidato dalle cortecce prefrontali, che governano la razionalità, ma dalle aree limbiche, le parti di cervello legate all’emozione ed alle relazioni. Come fare quindi? E’ scientificamente dimostrato dagli studi di Neurovendita che l’uso delle storie è un’efficace tecnica per far comprendere al cliente il rischio e le sue conseguenze. I clienti sono mossi a considerare “davvero il rischio” e quindi ad assicurarsi quando gli si racconta una storia. Una storia tende a far immedesimare il soggetto. Una storia si associa ad immagini e sensazioni vivide. Una storia attiva una dinamica emotiva. Una storia è nella consulenza assicurativa quella che il premio Nobel per l’economia Richard Thaler definirebbe “spinta gentile”. Quando si racconta una storia nell’ambito della consulenza assicurativa è efficace attenersi a queste linee guida:
1) Breve. La storia deve essere rapida, immediata. Non deve superare i 90 secondi, per non annoiare il cliente.
2) Reale. Le persone tendono ad immedesimarsi in storie vere. Quindi deve rispondere alle famose 4 W della cronaca inglesi. Chi? Quando? Dove? Cosa?.
3) Dimostrabile. Le storie utili per evidenziare i rischi da cui le persone non si proteggono hanno avuto eco su giornali e televisioni. Avere con sé prova dei media su cui la storia è riportata, conferisce credibilità, aumentando il suo impatto emotivo.
4) Enfasi economica. E’ fondamentale evidenziare concretamente le conseguenze economiche per quella persona o famiglia protagonista della storia alla luce dell’assenza di una copertura assicurativa. Spesso è utile scrivere il danno arrecato in euro, proprio per far capire le conseguenze tangibili di quella vicenda sui malcapitati protagonisti.
5) Coinvolgere. E’ fondamentale far capire che quella vicenda poteva riguardarlo. Il modo più semplice è attraverso una domanda. “Se una cosa così fosse successa a te, cosa avresti fatto?”.
Spesso si perde molto tempo a convincere i clienti della bontà di una soluzione assicurativa mostrando dati, prospetti, indici. Se vogliamo davvero stimolare il cliente a fare una scelta di protezione, una storia è molto più convincente di 1000 dati. Raccontare delle conseguenze che ha dovuto sopportare una famiglia a causa della scomparsa di uno dei coniugi è il modo migliore per sensibilizzare ad una polizza vita. Raccontare dei costi di un intervento chirurgico privato d’urgenza, alla luce dei tempi lunghi della sanità pubblica, è il modo migliore per aprire il tema delle polizze sanitarie. Raccontare di cosa significa pagare le conseguenze di un incidente senza la rinuncia alla rivalsa, è il modo migliore per non far guardare solo il prezzo in merito alla polizza motor.
Raccontare una storia non è mentire, ne impressionare. Non serve enfatizzare i temi più cruenti, più terribili per creare una reazione. Un avvenimento realmente successo è estremamente incisivo di per sé. Raccontare una storia non è manipolare, ma indurre il cliente a considerare di proteggersi da rischi che altrimenti per effetto di dinamiche irrazionali tende ad ignorare. Raccontare una storia non è improvvisare. Serve infatti prepararsi e documentarsi con attenzione. Senza usare questa efficace tecnica di comunicazione, molti clienti continueranno a pensare che “a loro non può succedere” e che “se d’altronde nessuno lo fa, ci sarà un motivo”. Le storie sono un metodo straordinariamente efficace per battere l’ottimismo irrealistico e l’effetto gregge, superando l’irrazionalità della psiche umana.