Il Microsoft work Trend Index è uno tra i report più affidabili ed autorevoli che racconta le tendenze del mercato del lavoro. La base dati è per definizione la più aggiornata ovvero LinkedIn, il social network più utilizzato nel recruiting. Sulla base dell’analisi delle ricerche effettuate dagli utenti emerge che il 49% dei dipendenti impiegati nelle vendite è disposto a passare a nuove funzioni lavorative o cambiare azienda. In pratica 1 figura commerciale su 2 sta muovendosi per capire cosa offre il mercato del lavoro. In questi mesi le letture sul fenomeno “grandi dimissioni” sono state molteplici e spesso hanno assunto un tono manicheo, scagliandosi contro le aziende, incapaci di trattenere i “talenti”, oppure contro i lavoratori “scansafatiche”. Un dato così ampio è manifestazione di un fenomeno multifattoriale, diverse cause determinano ciò che accade. Elenco alcune tra le motivazioni più citate tra coloro che attribuiscono alle aziende la responsabilità di questo immenso turnover: stipendi bassi, ridotte prospettive di crescita, sistemi di carriera poco meritocratici, modalità di management poco motivanti, indisponibilità allo smart-working, ambienti di lavoro poco produttivi. Per par condicio, evidenzio le cause addotte da imprenditori e manager che attribuiscono ai dipendenti la causa di questa impennata di dimissioni: poca disponibilità a riprendere i ritmi pre-covid, possibilità di avere un reddito senza lavorare, poca disponibilità ad apprendere nuove competenze, ridotto spirito di adattamento rispetto ai nuovi processi con cui l’azienda affronta l’attuale instabilità. Le figure sales sono per definizione le più soggette a dinamiche di stress, avendo il contatto diretto con i mutamenti di mercato, partendo già da una base di turnover fisiologico più alta rispetto ad altre figure professionali. Il 49% nell’area commerciale è un dato enorme, oltre ogni aspettativa. Da studioso di neuroscienze, mi stupisce non sentire mai entrare nel dibattito sulle grandi dimissioni il tema della “fiducia”. Molti studi dimostrano che le decisioni più importanti nella vita di una persona sono determinate da un’iperattivazione del sistema limbico, ovvero la centralina nervosa che regola anche la dinamica della fiducia. Borum in “Interpersonal trust” definisce la fiducia come la disponibilità ad accettare un rischio per il futuro alla luce delle parole e delle azioni altrui dette o fatte oggi.
Proviamo ad entrare nella testa del lavoratore, analizzando la decisione di dimettersi attraverso la prospettiva della fiducia. Quando un lavoratore cambia azienda, o ha intenzione di farlo, significa che non si fida. Non prova più la sicurezza di potersi affidare per il futuro a quell’impresa. Le azioni e le parole delle persone al loro interno, spesso il management, non motivano il rischio di continuare a dare il proprio contributo. Cosa può fare un’azienda per bloccare le grandi dimissioni? Le aziende devono tenere sempre alto il livello di fiducia nei loro collaboratori, con particolare attenzione all’area commerciale. Il paradigma neuroscientifico più accreditato sulla fiducia nei contesti lavorativi è quello di Doney e Cannon. Nel modello la percezione di fiducia del singolo è legata a 2 fattori: la fiducia verso l’impresa (intesa come organizzazione) e la fiducia ambientale (la qualità delle relazioni tra le persone in azienda).
Accrescere la fiducia verso l’impresa significa comunicare al collaboratore che l’azienda è un “porto sicuro” in cui essere, che sta abbracciando il futuro con investimenti e coraggio. È far sentire che l’azienda è solida per tollerare le instabilità del nostro tempo e capisce i bisogni quotidiani di chi lavora. Non bastano i bilanci per veicolare sicurezza. Non bastano le newsletter interne piene di slogan. Rafforzare la fiducia verso l’impresa significa dire e fare azioni precise. È estrema chiarezza rispetto a quello che ci si aspetta da ogni persona. È esplicitare dove si andrà e come si andrà. Le persone si fidano di un’organizzazione se le riconoscono innovazione ed etica. Ogni giorno, chi “comanda” dovrebbe chiedersi: cosa faccio oggi per far sentire a tutti che possono fidarsi dell’azienda?
È fondamentale creare un rapporto fiduciario tra le persone in azienda. Molte iniziative aumentano la percezione di essere in una rete sociale sul lavoro. La creazione di un ambiente fiduciario cresce quando i ruoli sono chiari, i meccanismi di crescita precisi e le nuove competenze da acquisire definite. Molti studi hanno dimostrato che creare occasioni di incontro informali ed extralavorative migliora la percezione di fiducia tra le persone, è un “humus” su cui si innesta la fiducia.
La fiducia è una variabile fondamentale legata alle “grandi dimissioni”. Benefit economici o iniziative di welfare riducono il loro impatto, se chi lavora non si sente sicuro dell’azienda e dell’ambiente relazionale in cui opera. Il grande psicologo Jhon Bowlby, scrive: “anche se particolarmente evidente nella prima infanzia, il comportamento di attaccamento fiduciario caratterizza l’essere umano dalla culla alla tomba”. Inutile dire che il luogo di lavoro è quello più frequentato tra la culla e la tomba.