Ogni investimento è un rapporto tra rischio e rendimento. Ad alti rischi corrisponde la probabilità di maggiori rendimenti. Minori rischi si legano a rendimenti più modesti. Ogni consulente finanziario comunica per etica ed obbligo normativo Mifid2 il livello di rischio dell’investimento al proprio cliente. Il rischio è un concetto puramente matematico. Quindi per descrivere il livello di rischio di un investimento connesso al rendimento, il consulente usa il linguaggio più adatto, ovvero le sequenze numeriche. La maggioranza dei prospetti di investimento infatti sono ricchi di grafici, tabelle, indici. Il cliente comprende davvero il livello di rischio espresso in termini matematici? Molti studi dimostrano che il cervello umano maneggia con grande difficoltà il concetto di rischio numerico. Non si tratta di ignoranza da parte del cliente. Non è un’errata o parziale informazione da parte del consulente. Il motivo di questa difficile comprensione del rischio risiede nell’architettura cerebrale stessa. Il processo di analisi è realizzato dalla corteccia prefrontale. Un’area di cervello limitata e soprattutto molto costosa dal punto di vista energetico. Il sistema nervoso è programmato per risparmiare energia, quindi tende ad usare al minimo quest’area corticale. In buona fede, si inserisce quello che il premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman definisce “pensiero automatico”. Il vissuto si sgancia in maniera significativa dal concetto matematico, arrivando ad una percezione “psicologica” molto distante dal rischio oggettivo e quantitativo. Spesso ilconsulente finanziario si trova di fronte ad un cliente che afferma di comprendere il livello di rischio di un investimento, ma che in realtà non lo capisce“davvero”. In termini più rigorosi, si può affermare che la percezione psicologica è distante e distorta rispetto all’oggettivo valore matematico. E’ dimostrato ad esempio che il cervello tende ad ignorare i livelli di rischio molto bassi, ovvero li considera come fossero zero, anche se non lo sono. Al contrario sovrastima i rischi medi, comportandosi nelle scelte come fossero rischi elevati. Il livello di percezione del rischio è altresì modificato da moltissimi fattori situazionali tra cui: la fonte di provenienza del denaro, l’ultima informazione ascoltata dai media e perfino dal tipo di alimentazione nelle ore precedenti la scelta. Si è dimostrato che il livello di glucosio nel sangue gioca un ruolo nel livello di distorsione nella percezione del rischio virando verso l’ottimismo o il pessimismo. Questa distanza tra il rischio “sentito” ed il rischio “reale” espresso con il linguaggio della matematica genera un deficit comunicativo. Si possono creare tra cliente e consulente incomprensioni con conseguenze gravi per il rapporto fiduciario che lega ogni persona al suo private banker. E’ utile, a mio avviso, che l’advisor conosca le basi del funzionamento neurale per cercare di comunicare il livello di rischio di un investimento in maniera “brain friendly”, ovvero con una modalità estremamente comprensibile per il cervello del cliente. Non si può dare per scontato che la sola trasparenza matematica prevista dalle norme sia sufficiente. Come fare? Un’ispirazione in tal senso emerge dalle ricerche di Neurovendita. Una delle grandi scoperte sul sistema nervoso è riassumibile nell’idea che il cervello sia un organo sensoriale, primariamente visivo. Il 25% dei neuroni nel cervello si occupa di visione. 1 neurone su 4 è implicato nella “vista”. Inoltre per meccanismi geneticamente determinati, il colore rosso si associa al pericolo, il colore verde alla sicurezza. I colori dei semafori non sono un “caso”.
Queste scoperte sul sistema visivo come possono tradursi nella descrizione del livello di rischio per il cliente in ambito finanziario? In quale modo?Trasformando il rischio da numero ad intensità di colore. E’ dimostrato che il cervello tende ad essere più conscio dei rischi espressi non numericamente, ma attraverso una scala cromatica che varia d’intensità. Ipotizziamo ad esempio di considerare il rosso fuoco come un rischio elevato ed associare il verde smeraldo ad un rischio molto basso. Se il livello di rischio anziché essere presentato con corredati numerici, fosse espresso attraverso una scala colori, ilconsulente sarebbe certo che il cliente percepirebbe “davvero” il gradiente di rischio connesso all’investimento. Ecco un esempio. Si immagini di dover far scegliere ad un cliente tra le azioni di 3 diverse aziende. Le previsioni di rendimento delle 3 compagnie sono diverse ed anche i rischi connessi sono differenti, in un dato orizzonte temporale. In questo caso si potrebbe scrivere il rendimento atteso da ogni scelta, ponendo però ogni importo su una scala di colore che corrisponda al livello di rischio. In questo caso il cliente percepirebbe “davvero” il rischio.
La comunicazione “brain friendly” in ambito finanziario è paragonabile ad un bambino che muove i primi passi. E’ in una fase completamente embrionale e sperimentale. Grazie alla crescita delle neuroscienze applicate, una comunicazione trasparente non può e potrà ignorare come davvero funziona ilcervello del cliente.