Siamo tutti bombardati di parole. Molte sono usate per proporre un prodotto o un servizio. Le parole “commerciali” sono lette sui social, raccontate dai venditori, ascoltate nella pubblicità, viste nelle vetrine. Malgrado la cultura dell’immagine, le parole restano il principale mezzo con cui chi vende comunica ai clienti. Quali parole catturano il cliente? Quali termini attirano il consumatore? Neurovendita ha dimostrato come esistano parole in grado di attivare il cervello di chi compra. Tutto dipende dal sistema reticolare, la centralina che regola l’attenzione nel sistema nervoso. Se una parola attiva il sistema reticolare, allora l’informazione entra nel campo attentivo. Se uno stimolo verbale non attiva il fascio neurale, allora la sequenza di termini è “rumore in sottofondo”. La tecnica del potenziale evocato misura precisamente quali parole siano in grado di stimolare maggiormente il sistema reticolare. Le ricerche usano un protocollo definito. Si fa ascoltare a migliaia di individui la stessa sequenza di parole. Tutti i partecipanti alla sperimentazione hanno un “casco” in grado di misurare l’attività elettrica del cervello. Più variazione di potenziale corrisponde ad una maggiore attivazione del sistema reticolare. Se si registra una costante associazione tra una certa categoria di termini e maggiore attività cerebrale, allora significa che quella parola attira l’attenzione. Quali sono queste magie linguistiche che attivano il cervello di chi compra? Sono parole che appartengono a quattro categorie precise:
In funzione del servizio/prodotto da comunicare si scelgono i termini più adatti. In un negozio di abiti alla moda il personale usa la frase: “Le mostro un capo davvero fresco e morbido”. L’idea è puntare sulla sensorialità. Il rappresentante di un’azienda di informatica dice al compratore: “La soluzione è solida e permette di trasportare con facilità i suoi dati”. La sequenza di parole richiama il concetto di movimento. Un consulente finanziario informa così un suo cliente: “Il piano di investimento attuale consente una maggiore serenità mantenendo flessibilità in entrata e in uscita”. La frase richiama uno stato emotivo positivo. Il responsabile di una società pubblicitaria inizia una presentazione per una platea di potenziali clienti dicendo: “Oggi serve creare un boom di contatti attraverso un tam tam sui principali social network”. I termini onomatopeici “boom” e “tam tam” aumentano la soglia attentiva di chi ascolta. Molte di queste parole sono usate in pubblicità di grande successo. Cito alcuni slogan storici, di cui oggi si comprende la potenza sui consumatori, grazie a queste recenti scoperte neuroscientifiche. “Dash, più bianco non si può”, rimanda alla stimolazione sensoriale visiva. “Spezza con Kit Kat”, richiama il suono delle barrette che si dividono. “Red bull ti mette le ali”, gioca sull’idea del massimo movimento staccandosi in volo da terra. “Malizia profumo d’intesa”, rimanda all’emotività della relazione.
Perché queste categorie semantiche attivano il sistema reticolare del cliente? Le parole “sensoriali” e di “movimento” stimolano il 35% del cervello che elabora informazioni provenienti dal mondo esterno attraverso i 5 sensi. Le parole “emotive” risuonano nel sistema limbico, il cuore decisionale del cervello. I termini “onomatopeici” richiamano uno specifico rumore, il cervello si attiva automaticamente in presenza di suoni naturali. L’uso di queste parole, non implica che il cliente comprerà. Il loro utilizzo aumenta la probabilità di attirarne l’attenzione, compiendo il primo passo verso la finalizzazione commerciale. Neurovendita ha coniato l’espressione “parole wow”, per riassumere l’insieme di queste ricerche che legano linguaggio e attenzione nei consumatori. Si tratta di scoperte fondamentali nelle vendite e nel marketing. Il problema nei moderni mercati è “farsi notare”. Usare parole “cerebralmente” attivanti per il cervello di chi compra è un buon inizio di ogni azione commerciale e promozionale.
La tecnica del potenziale evocato è stata usata per misurare l’impatto dei principali inglesismi usati nel mondo delle vendite. Parole come: “business partner”, “leader”, “vision”, “cool”, “trend” e “brand”. Queste parole attivano il cervello del cliente? Assolutamente No. Paradossalmente abbassano l’attività cerebrale di chi le ascolta. Presentarsi come “società leader” non attira l’attenzione. Usare un termine tecnico come “trend” non coinvolge il cervello dell’interlocutore. Evocare la parola “vision” non alza il livello di attività cerebrale in chi ascolta. Meglio evitare nelle vendite questi termini, pur suonando molto professionali ed internazionali, spengono letteralmente l’attenzione del cliente.
Prima di creare una qualsiasi forma di comunicazione commerciale è sempre utile porsi 4 domande per la Neurovendita. Ho usato parole che rimandano alla sensorialità? Ho espresso l’idea di movimento? Ho utilizzato parole legate all’emotività? Ci sono suoni onomatopeici? Se presenti, la comunicazione ha elevata probabilità di attrarre l’attenzione del cliente, in un mare infinito di offerta.